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Un gelese in Messico: la storia di Calogero Scicolone

calogero scicolone

Era il 1975. Un gelese si trovava imbarcato in una nave transatlantica, per lavoro. La nave era la “Love Boat” della Principessa Cruises. Questa è la storia di Calogero Scicolone e della sua vita in Messico, ci racconta di lui Francesco, figlio di Calogero…

Quando si dice casa dolce casa…

Come molti gelesi, anche Calogero ha dovuto cercare fortuna fuori dalla propria terra natìa. Ma come anche moltissimi altri gelesi, l’intenzione non fu mai quella di andarsene per sempre. Chi è cresciuto a Gela, lo ha fatto con la consapevolezza che gli uomini potevano partire per lavoro . Potevano mancare da casa un mese, due, sei, ma gli uomini, a Gela, ritornavano. Le mamme, le mogli, i figli lo sapevano. Lo stesso valeva per Calogero . Tranne che…

Calogero, Acapulco e Maria.

Sbarcato ad Acapulco in Messico, nel 1977, insieme a quattro amici dell’equipaggio, Calogero decise di andare a mangiare qualcosa in un ristorante della zona. Sedute accanto, in un’altro tavolo, c’ erano quattro ragazze del posto. Ora, potete immaginare quattro ragazzotti italiani che vedono delle belle ragazze, ai loro occhi esotiche.
Il più coraggioso fu proprio Calogero, che con fare comico, gesticolando solo come un italiano del sud sa fare, iniziò a “scummattere” la giovane Maria Esther Cervantes Hernandez.

Che si fa quando ci si innamora? Beh, le storie d’amore, quelle romanzate, sono raccontate da milioni di scrittori, in molteplici modi. Quello che fece Calogero fu di scegliere tra l’amore per la sua terra e l’amore per Maria…

Il compromesso

Calogero si stabilì  in Messico, ad Acapulco, con Maria, e nel 1980 si sposarono. Lui lavorò da imbarcato nella Love Boat fino al 2009. Negli anni, dalla loro unione, sono nati quattro figli: Francesco, Manuel, Alessia e Rosaria.
La famiglia è tornata a Gela cinque o sei volte negli anni” ci racconta Francesco. Fortunatamente, il calore familiare del sud non si discosta molto da quello dell’America Latina. Perciò, la necessità di far conoscere ai figli tutta la famiglia rimasta a Gela, fu accolta benevolmente da Maria.
Vi fu anche un periodo di tempo in cui, la nostalgia si fece così forte, che Calogero chiese alla moglie di trasferirsi a Gela coi figli. L’esperimento fu fatto, ma Maria non riuscì mai veramente ad integrarsi. La lingua, gli usi, il fatto che i figli fossero cresciuti per la maggior parte della vita in Messico, fecero sì che Maria tornasse ad Acapulco.

Casa Nostra

Nel 2002, finita la vita da marinaio, forte della tradizione italiana, rimarcata dal fatto di essere del sud, Calogero, come ogni buon siciliano decise che la pensione era per i vecchi. Perciò aprì un ristorante che chiamò “Casa Nostra”.
Ora, potete immaginare… tra gelesi ci capiamo! Perché lo chiamò così? Beh, ve lo mostro:

Si dice che quando uno nasce tondo, non può morire quadrato. Nel nostro caso possiamo dire che quando uno nasce gelese, non può morire messicano! Perciò, come la montagna con Maometto, Calogero decise che, se non poteva vivere lui a Gela, Gela doveva andare da lui.

L’essere gelesi, si sa, è una forma mentis, lo si ha nel sangue, nella lingua e nelle tradizioni. Come ogni italiano, poi il gelese tende a trasmettere quanto più possibile della propria terra, tanto odiata quanto amata.

Calogero, allora, crebbe i suoi figli insegnando loro cosa significava essere siciliano, essere gelese. Perciò, per chi si trova passare da Acapulco, può trovare il suo ristorante, a conduzione familiare, con cucina tipica siciliana, come mamma Rosaria Longo insegnò.

Forti del successo del primo ristorante, il figlio Francesco, nostro narratore della storia, aprì altri due ristoranti a Queretaro, nel 2009. Nasce cosí la linea di ristoranti “Casa Nostra“.

Francesco ci racconta Gela

Maria, Francesco e Calogero oggi

“Quando ero piccolo sono andato circa sei volte a Gela. Lì avevamo i nonni e gli zii. Nonno Emanuele e nonna Rosaria abitavano in via Pistillo, vicino San Giacomo. Lì ora ci abitano i miei cugini. Mi ricordo di Gela come un paese dove i bimbi giocavano per strada, era bello ma diverso dal Messico.

Quando ci trasferimmo a Gela, i nostri genitori ci hanno iscritti a scuola. Mia sorella Rosaria imparò quasi subito il siciliano. In poco tempo acquisì l’intercalare “Mariaaaaaaaaaaa!”, che ridere! Mio papà è ancora affezionato a quella terra, vedi cosa abbiamo nel nostro ristorante? La Conchiglia. Purtroppo è dal 2009 che non torno più a Gela, da quando ho aperto i miei ristoranti a Queretaro. I nonni ormai sono morti, papà è grande. Ma tornerò, parte delle mie radici sono lì!”

Ringraziamo Francesco Scicolone che dal Messico, con 6 ore di differenza nel fuso orario, ha avuto la pazienza e la volontà di raccontarci questa bella storia e mandarci queste splendide foto.

 

Un gelese in Messico: la storia di Calogero Scicolone ultima modifica: 2017-04-07T17:36:16+02:00 da Katia Scicolone

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