Può l’olio esausto derivato dalla frittura nelle nostre cucine, diventare una bioplastica e quindi acquistare nuova vita? Si e le prove sono quelle che sta portando avanti una start up tutta italiana, formata da menti giovani che hanno studiato anche all’estero e che adesso sono rientrate in Italia. Per mettere in campo le loro capacità e soprattutto la loro scoperta hanno bisogno dei giusti aiuti economici e che il loro progetto venga conosciuto. E allora abbiamo intervistato uno di questi giovani. Lui è Antonino Biundo, ha 32 anni, ed è originario di Gela.
Antonino Biundo, chi è il giovane ricercatore
Un cervello in fuga, il suo, come purtroppo molti italiani della sua età. Ma il giovane ricercatore è tornato in Italia anche grazie all’Università di Bari che gli ha offerto la possibilità di sondare al meglio il territorio e questa sua nuova avventura. Antonino Biundo è un biotecnologo industriale. Dopo gli studi tecnici nella sua città, si è laureato all’università di Palermo. Prima una laurea triennale in Biotecnologie e poi la specialistica in Biotecnologie per l’industria e la ricerca scientifica. “Durante l’Università – racconta Antonino Biundo – ho anche vinto una borsa Erasmus che mi ha permesso di andare in Svizzera, dove nella città di Sion ho lavorato alla mia tesi sulla produzione di tossine di cobra da lieviti per il loro utilizzo nelle terapie anticancro”.
Poi, dopo la laurea, il trasferimento prima a Vienna e poi a Stoccolma dove ha lavorato sulla biodegradazione e biosintesi di plastiche e bioplastiche. “Qui mi sono catapultato nel mondo dell’economia circolare – aggiunge – lavorando sugli enzimi che potessero degradare le superfici plastiche. Capire, quindi, come degradare la plastica e riciclarla in maniera sostenibile”.
L’avvio della start up e il rientro in Italia di Biundo
Da Stoccolma ben presto il rientro in Italia. Infatti Antonino Biundo è stato assegnista di ricerca al Dipartimento di Bioscienze, Biotecnologie e Biofarmaceutica dell’Università degli Studi di Bari. E ha dato così vita al progetto della sua start up “REWOW”. Il progetto si caratterizza sull’olio vegetale esausto, rifiuto che, se disperso nell’ambiente, potrebbe avere un impatto negativo. Secondo il team di cui fa parte Antonino Biundo questo olio può acquistare nuova vita, portando alla produzione di bioplastiche. Un processo molto complesso e che riguarda gli acidi grassi a lunga catena presenti negli oli da cucina. Essi secondo un processo ben preciso, velocizzato da alcune proteine, sono trasformati in bioplastica.
Il rientro in Italia e l’attività a Bari
Antonino Biundo è tornato in Italia per realizzare il suo progetto. Perché si può lavorare nel nostro Paese e questo è anche il messaggio che il trentaduenne gelese vorrebbe infondere in tanti giovani. Biundo è stato infatti assegnista di ricerca all’università di Bari. E nonostante le difficoltà di quest’ultimo anno legate alla pandemia, sta continuando a sperimentare il suo progetto, facendolo conoscere alle imprese di settore e che si occupano del recupero dell’olio esausto.
Il messaggio di speranza per chi vuole progettare in Italia
L’esperienza di Biundo e della sua startup può essere da esempio per molti. Cosa fare quindi per incentivare i giovani che magari vivono all’estero e che stanno lavorando ad un progetto e vorrebbero realizzarlo in Italia. “Creare un network – chiarisce Biundo – perché è possibile progettare e fare ricerca anche in Italia. Una rete che permetta di rientrare a casa e poter realizzare un sogno. Creare possibilità per le nuove generazioni. Per questo consiglio ai giovani e in particolare alle ragazze, di non avere paura, di provare e rischiare anche nel nostro Paese”.