Mimmo Cuticchio: l’immortale tradizione dei cantastorie

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STORIE E TRADIZIONI

Mimmo Cuticchio e la sublime arte del raccontare

Nonostante siano passati diversi secoli, la tradizione dei cantastorie è ancora sentita e presente. In moltissimi accorrevano, curiosi come bambini, ad ascoltare fatti di ogni tipo e vicende epiche. Con l’avvento di internet quest’antica pratica è caduta purtroppo in disuso, sebbene grazie a diverse iniziative sia possibile ancora oggi apprezzarla. L’arte di narrare non è talento di tutti, e alcuni vi sono destinati sin dalla nascita. Uno di questi è sicuramente Mimmo Cuticchio, uno degli ultimi cantastorie siciliani rimasti!

Mimmo Cuticchio: una vita per…raccontare

Mimmo Cuticchio rappresenta l’erede per antonomasia della tradizione dei cuntisti siciliani e dell’Opera dei Pupi. Figlio di Giacomo Cuticchio, Mimmo nasce a Gela nel lontano 1948. Appena bambino lavora nel teatro di famiglia, facendo un po’ di gavetta e cercando di apprendere il più possibile. Successivamente lavora con il cuntista e puparo Peppino Celano, grazie al quale impara diverse tecniche del cunto. A seguito della dipartita del suo maestro, decide di dare vita al Teatrino dei Pupi Santa Rosalia nel 1973. Nello stesso periodo realizza il suo primo copione, Giuseppe Balsamo conte di Cagliostro. Qualche anno più tardi fonda l’Associazione Figli d’Arte Cuticchio, che incorpora la compagnia omonima. Nei primi anni ’80 inaugura il suo primo spettacolo di cunto ufficiale, per così dire: La spada di Celano. L’attività di Mimmo Cuticchio riuscì a conferire maggiore respiro alla figura del narratore, permettendo alla tradizione di convivere con la riforma.

Mimmo Cuticchio

Mimmo Cuticchio all’opera

Il teatro dei pupi si aprì a spettacoli che seguivano i modelli classici del cunto, che erano volti però all’impegno civile e artistico di stampo contemporaneo. Cuticchio è stato capace di creare una rinnovata consapevolezza in ambito teatrale, creando una nuova generazione di allievi che si ispiravano (e si ispirano) all’emblematica effigie del cantastorie. Tuttavia, non è solo il palcoscenico del teatro che ha consentito a Cuticchio di esprimere il suo talento. Ha infatti partecipato al celeberrimo film Il padrino – Parte III di Francis Ford Coppola, e al documentario Prove per una tragedia siciliana. Non solo. Ha lavorato con Giuseppe Ferrara nel suo Cento giorni a Palermo, come voce narrante nel monologo finale. La capacità di mimesi attorica ha infine permesso al cantastorie gelese di caratterizzare i tradizionali toni cantilenanti del cantastorie con diversi stili e differenti registri.

Narrare per la gente: la tradizione del cantastorie

Il bisogno di dire, di comunicare, ma soprattutto di raccontare: questo qualifica un vero cantastorie, in grado di traghettare l’ascoltatore verso mondi lontani ed esotici. Il timbro, il suono della voce, la mimica, e tutte le tecniche relative a questa magnifica tradizione, devono essere apprese al meglio per ottenere un effetto sbalorditivo. Il canto antico penetra nella mente e nel cuore dello spettatore, affascinandolo in modo quasi mistico. Così opera anche il nostro affezionato Mimmo Cuticchio, che spogliandosi di orpelli scenici e di rassicuranti scenografie, basa tutta l’energia dell’interpretazione sulle proprie capacità. Nei suoi spettacoli sembra quasi di vedere sul palco, in carne e ossa, i personaggi di cui narra il nostro rapsodo siciliano.

Mimmo Cuticchio

Il moderno aedo Mimmo Cuticchio durante un’esibizione (foto da Viv@voce)

Dame, cavalieri, avventure al limite dell’umana comprensione: tutto viene immerso in un tempo senza tempo, dove ci si sente un po’ come in un sogno. Non si distinguono i contorni, non vi è razionalità tiranna. Ci si lascia andare in un viaggio a tratti paradisiaco, a tratti infernale, accompagnati dalla soave voce del Virgilio di Gela, Mimmo Cuticchio. Essere stato capace di attualizzare in modo talmente rispettoso la secolare usanza dei cantastorie, è di certo uno dei pregi più ragguardevoli di Cuticchio. L’Opera dei pupi vive grazie al suo aedo d’eccezione, senza mai essere uguale a sé stessa, eppure sempre fedele ai propri canoni. Con una folta barba grigia, e con la gestualità che solo un siciliano autentico possiede, Cuticchio appare come un Omero d’altri tempi, in grado di salvaguardare uno dei tesori invisibili più importanti che esistano: la tradizione.

Mimmo Cuticchio e la sublime arte del raccontare ultima modifica: 2018-10-05T17:54:23+02:00 da Marcella Calascibetta

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